Con l'articolo 610 del codice penale il legislatore afferma che “Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni”.
La norma definisce il reato di violenza privata ponendo in risalto due fondamentali concetti che riempiono di significato la disposizione: la violenza e la minaccia.
Un reato contro la libertà di persona che il codice penale inserisce nel titolo XII del libro secondo fra i delitti contro la libertà morale. Il bene giuridico tutelato infatti è proprio la libertà morale di ciascun individuo che lo stato vuole difendere e garantire che possa manifestarsi come ciascuno meglio ritiene.
La violenza privata è un delitto disciplinato dal codice penale all’articolo 610 fra i delitti contro la libertà morale. Si tratta di un reato sussidiario in quanto la sua formulazione generica spesso viene sostituita da altre fattispecie criminose circoscritte ad interessi giuridici più specifici.
Affinché si configuri questo reato deve esserci anche un fatto illegittimo. L’illegittimità è esclusa quando ad esempio la condotta commissiva od omissiva è legittimata da una causa di giustificazione oppure quando interviene uno stato di necessità.
Il reato è punito con la pena della reclusione fino a 4 anni, salvo poi che si verifichi anche una circostanza aggravante. Come previsto dal secondo comma dell’articolo 610 del codice penale.
Il reato di violenza privata si configura quando le condotte di fare, tollerare od omettere sono compiute con violenza o minaccia. Tecnicamente questi fattori sono gli elementi oggettivi del reato senza i quali la fattispecie criminosa non sussisterebbe.
Sebbene si ritenga che la violenza arrechi un male attuale mentre la minaccia uno futuro, anche la seconda ne arreca uno attuale. Chi minaccia infatti innesca un meccanismo psicologico di turbamento nel soggetto che la riceve, turbamento che pertanto è attuale. In questo contesto tuttavia la violenza e la minaccia costituiscono dei mezzi di coercizione della volontà altrui e in questo senso il loro significato va approfondito.
L’agente può esercitare la violenza o la minaccia anche su un soggetto terzo rispetto a quello che subisce il reato affinché si integri la fattispecie di violenza privata.
La violenza
In senso stretto la violenza si commette quando vi è un ostacolo reale o supposto impiegando dell’energia fisica. Tale energia può essere utilizzata nel senso suddetto sulle cose o sulle persone. La legge non fornisce alcuna definizione di violenza sulle persone ma rende solo uno spunto per definire meglio il concetto di violenza sulle cose. Lo rende in particolar modo al secondo comma dell’articolo 392 del codice penale.
La dottrina distingue la violenza propria da quella impropria, definendo la prima come quella derivante dall’impiego dell’energia fisica e la seconda quella che determina uno stato di incapacità di volere o di agire del soggetto passivo.
Nella seconda ipotesi, che esclude la minaccia, possono essere utilizzati anche mezzi che non comportano la violenza in senso stretto (fisica) come ad esempio l’uso di narcotizzanti o sostanze stupefacenti. La violenza impropria invece può può derivare anche da una omissione: ad esempio sottrarre le chiavi di casa a qualcuno per indurlo a tenere un certo comportamento.
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